Vittorio – Racconto inedito condiviso.
Continua tu la storia!
Ottenebrarsi d’ansie: ispirazione.
S’alzava al mattino che ancora non albeggiava e si concedeva ai barlumi del giorno con attonita spossatezza.
Non mangiava, non si sarebbe neppure alzato dal letto se le sue gambe non gli avessero imposto, crudeli e perentorie, di camminare.
Un accorato languore lo pervadeva in tutte le membra.
Vittorio era come un perfetto orologio che aveva per un attimo deciso di fermarsi – e, senza tempo, un attimo può durare un’eternità. Un meccanismo preciso e perfetto, geometria dell’incastro e tintinnante arabesco d’ingranaggi. Vittorio.
Le mani in tasca, il sigaro spento ancora fra le labbra, come in attesa – le labbra, o il sigaro? – d’una scintilla che, loro già sanno, finirà per annientarli.
Quella brama di essere fumo come lo è l’uomo, costantemente in bilico tra l’entusiasmo e l’ombra e destinato a lasciarsi sfuggire ogni appiglio alla solidità. Per natura, distrazione od orgoglio.
Ma Vittorio uomo non era, bensì montagna.
Eternamente volgeva al cielo le sue rocche disadorne, carca di millenari detriti (sogni infranti che si accumulavano a strati) e fitta di crepe, abissali o strettissime: feritoie d’accesso al suo cupo cuore.
Eppure, Vittorio, uomo non era, bensì montagna.
Per la prima volta nella sua vita si ritrovava solo. Con se stesso e il mondo.
Era un fiume meraviglioso quello che lo osservava specchiarsi sempre uguale e sempre diverso: labbra serrate, sguardo lontano. La rocciosa muscolatura delle sue braccia conservava la vigoria dell’abbraccio e la delicatezza del cavaliere.
Il suo bastone con l’impugnatura d’oro a forma di giaguaro non soleva più accompagnarlo nelle sue lunghe passeggiate. Quel monile che era stato la sua spada e il suo orgoglio, la sua ventenne goliardia per sfidare il mondo, appariva ora troppo fragile per quei primi sussurri di freddo.
Era la fine di ottobre, e il tempo piangeva foglie ramate con accurata maestria. Le disponeva a mucchi regolari su strade e marciapiedi, offrendole ai passanti perché si disintegrassero sotto la loro fretta. Succedeva per loro ciò che accade per ogni cosa: milioni di persone passavano accanto alla propria occasione e tutto ciò che erano capaci di fare era frantumarla con distratta freddezza.
Sopra i cocci delle loro aspirazioni, ammutoliti, imputavano l’accaduto al vento, alla gioventù, allo smog, ma gli rimaneva dentro qualcosa d’incrinato. Se lo portavano pesante negli occhi, come il rimpianto di un mai afferrato vivere.
… adesso tocca a te!
Continua il racconto e dai un finale alla storia di Vittorio. Come potrebbe evolversi questo esordio descrittivo?
Cosa immagini succeda – o non succeda – al granitico Vittorio?
Se partecipi a questo esercizio creativo, taggami sul tuo blog. Altrimenti condividi qua sotto la tua storia!
Ah, ovviamente ti aspetto in Atelier: il primo gruppo dedicato alla scrittura creativa condivisa.
Ci leggiamo lì? 🙂