Prometeo
di Alessia Pellegrini
È stato divertente vedere come si ingannasse.
A volte lo fanno, gli uomini: hanno questa innata, insana mania del controllo, credono di imbrigliare le leggi del mondo, plasmare la materia, arginare i mari dell’emozione. Come se tutto ciò fosse possibile, come se non si trattasse di un inganno.
Ma è stato tremendo eppure divertente vederlo fallire.
“Prometeo”, colui che pensa, prima di agire.
Certo: calcolare, meditare, programmare anche il più piccolo dettaglio per non sbagliare, per non lasciare niente al caso. In che modo pensava che potesse funzionare?
Ha creato suo figlio, l’Uomo, la sua più vitale creazione, con questa convinzione infantile: con l’idea di renderlo perfetto. Sarebbe vissuto florido, felice e senza conoscere il male.
Eppure, quando scelse la materia della sua creatura, la plasmò di carne: corruttibile, debole, fragile. Al posto del duro ferro vi depose un indifeso cuore di tessuti e battiti.
Che errore sciocco!
A pensarci mi viene da ridere, sì, da ridere, perché è bastato così poco.
Un intero inverno per ghiacciare la superficie di un immenso lago e un sassolino lanciato da un bambino per infrangere quel vetro in mille pezzi.
È bastato così poco per rompere tutte quelle illusioni di controllo, tutti quegli argini all’emozione, quei lacci che imbrigliavano le regole.
Ho dovuto solamente allungare la mia giovane mano, sfiorare con le dita l’invitante coperchio, infrangere il divieto: aprire il vaso.
È stato tremendo eppure divertente vederlo fallire. Il caos si è riversato nel suo universo di perfezione: il male, la malattia, la sofferenza, la pazzia.
Oh sì, è stato in quella tempesta travolgente di dolore e paura che i miei occhi hanno brillato di ardore più puro.
Non prendetemi per folle, io dovevo aprire quel vaso. Dovevo distruggere l’illusione di un mondo perfetto, svelare anche agli occhi ciechi di Prometeo la verità della sua creazione.
Siamo fatti di carne, sangue, emozioni e circodati dal caos, da nera folle catramosa sofferenza.
Credo che la follia sia entrata anche in me, si è riversata nelle mie viscere quando le mie dita hanno sfiorato il caos.
Succede così quando si apre il vaso, quando lo si lascia defluire in noi.
E allora mi sono sentita così bene, così male, così deliziosamente e dannatamente imperfetta.
Così meravigliosamente Pandora.