Lettera alla me stessa di allora: cosa ti scriveresti e cosa avresti voluto leggere 10 anni fa?
Se potessi scrivere alla me stessa di dieci, undici anni fa, le direi tante cose.
Avevo 15 anni, ero in un momento molto delicato della mia vita, e ricevere una lettera da qui, da ora, mi avrebbe fatto bene, mi avrebbe dato speranza.
Allora, quella lettera impossibile, la voglio ricreare qui.
Ti invito a fare altrettanto: provare l’esercizio creativo e introspettivo di scrivere una lettera al te stesso di dieci anni fa.
Che cosa gli diresti; che cosa avrebbe voluto sentirsi dire?
Puoi condividere per commento o sul tuo blog questo spunto di scrittura, oppure entrare a far parte del nostro Atelier degli Scrittori, dove confrontarsi, parlare e crescere insieme.
Cara me, mi scrivo…
Mi ricordo poco del dolore dei quindici anni, della confusione e della rabbia, e mentirei se ti dicessi che posso comprenderti, o giustificarti.
Mentirei nel dirti che ho trovato risposte a tutte le domande, o che il dolore prima o poi si rimarginerà, perché non è così. Alcune ferite guariscono in superficie, ma dentro le cicatrici palpitano, fanno fatica ad assopirsi, anche quando cerchiamo di metterle a tacere.
Vorrei dirti questo: tu aprile, falle parlare. Fai sanguinare via le impurità, non reprimerle, non rinchiuderle: ti ammorberanno dentro più del dovuto e avveleneranno la tua capacità di giudizio.
Tu pensi di celarlo alle altre persone, ma loro lo vedono: lo vedono che vivi a metà.
L’altra metà di te è mostruosa soltanto quando è in ombra. Tu portala fuori, portala alla luce.
Condividila, falla fluire.
Puoi pensare che il tuo dolore, quel particolare modo di sentire troppo forte, sia la svilente anomalia di un’esistenza guasta, ma vengo io stessa a dirti, dal futuro mio presente, che tutto fa parte di te, è l’essenza della tua unicità.
Sbagli a credere che tutto passerà; potrai soltanto rassegnarti al fatto che, prima o poi, dovrai accettare una vita fatta di frammenti. Si illude chi sogna di averne riassemblato i cocci.
Lo scopo non è quello, il fine è valorizzare. Dare valore e dignità di esistere a ogni più piccola sfaccettatura di noi. Sai che ogni grande dipinto è costituito da brevi pennellate? E tutto concorre a dare allo sguardo la pienezza rifratta di un’emozione.
Lo so che hai paura di perdere le parti, disseminare pezzi di te e vederli schiacciati, compressi, incompresi.
Non posso illuderti: potrà succedere. Ma quel che conta è che tu rimanga integra per te stessa, coesa.
Non essere la prima a mancarti di rispetto, non abbatterti, non demolirti, non ti sottovalutare.
Non farlo per nessuno se non per te stessa.
Oppure, se proprio non puoi, fallo per me, la te stessa del futuro, lotta per la donna che un giorno diventerai.
Con coraggio,
Alessia