Fantastico e soprannaturale in letteratura: dentro le teorie di Francesco Orlando
Che cos’è il soprannaturale? E come definirlo in letteratura in maniera autonoma, non subordinata a esiti della trama, o criteri troppo ibridi?
Ci addentreremo nell’affascinante mondo del soprannaturale letterario, attraverso l’analisi degli statuti teorizzati da Orlando.
Faremo, prima, un rapido passo indietro, per analizzare brevemente il “fantastico” di Caillois e Todorov.
La loro prospettiva ci servirà come punto di partenza per comprendere appieno le novità e l’originalità del pensiero di Orlando.
Per le citazioni di Orlando, rimando a:
Orlando, Francesco, Il soprannaturale letterario. Storia, logica, forme, (a cura di) Brugnolo, Stefano; Pellegrini, Luciano; Sturli, Valentina, Einaudi, Torino 2017
Orlando, Francesco, Statuti del soprannaturale nella narrativa, in Il romanzo, Moretti, Franco (a cura di), Vol. I, Einaudi, Torino 2001, pp. 195-226
Caillois: il fantastico come invenzione post-illuminista
È lo scrittore e antropologo francese Roger Caillois il primo a delimitare il fantastico entro precise coordinate storiche:
[…] il fantastico è ovunque posteriore all’immagine di un mondo senza miracolo,
sottomesso a una rigorosa casualità. In Europa esso è contemporaneo del
Romanticismo e, comunque, appare non molto prima della fine del secolo XVIII,
come compensazione di un eccesso di razionalismo.
Roger Caillos, Dalla fiaba alla fantascienza, Edizioni Theoria, Roma-Napoli 1991, p. 19
In altre parole, nel “mondo senza miracolo” posteriore al razionalismo settecentesco, si può parlare di fantastico. Prima, nel mondo della superstizione pre-illuminista, il “miracolo” era considerato parte della realtà, non veniva dunque avvertito come una dimensione a sé stante, da separare rispetto al normale ordine delle cose.
A partire da una lacerazione dell’ordine del reale, di cui parla Caillois, il lettore è posto ora di fronte al dilemma se considerare vere o meno le vicende narrate.
Potrà propendere a favore «di un credito […] accordato al soprannaturale affinché esista» o «di una critica opposta al soprannaturale poiché non esiste» (F. Orlando, Statuti nel soprannaturale nella narrativa).
Il fantastico di Todorov, tra “strano” e “meraviglioso”
Rifacendosi a Caillois, il narratologo bulgaro Tzvetan Todorov definisce per primo in modo peculiare il “fantastico” rispetto al “soprannaturale”, nel saggio La letteratura fantastica (1977).
Se Caillois aveva teorizzato “il dubbio” tra credere e non credere, tra credito e critica, come presupposto necessario per poter parlare di “fantastico”, Todorov pone al centro della sua definizione proprio la risoluzione del dubbio.
Ciò che sto vivendo rientra nella realtà o su un piano soprannaturale?
Il fantastico per Todorov occupa il lasso di tempo di questa incertezza. Non appena si è scelta l’una
o l’altra risposta, si abbandona la sfera del fantastico per entrare in quella di un altro genere:
- Lo strano: quando il fenomeno vissuto rientra, infine, dentro le leggi di natura conosciute.
- Il meraviglioso: quando il fenomeno si classifica come soprannaturale, poiché non può essere spiegato con le leggi di natura note.
In precario equilibrio tra i due concetti di «meraviglioso» e di «strano», il fantastico teorizzato da Todorov va a delinearsi come «borderline», alla frontiera tra due generi delineati, invece, in modo più autonomo ed esaustivo:
Se [il lettore] decide che le leggi della realtà rimangono intatte e permettono di spiegare i fenomeni descritti, diciamo che l’opera appartiene a un altro genere: lo strano. Se invece decide che si debbono ammettere nuove leggi di natura, in virtù delle quali il fenomeno può essere spiegato, entriamo nel genere del meraviglioso.
Tzvetan Todorov, La letteratura fantastica, Garzanti, Milano 2000, p. 45
Solo là dove l’esito della vicenda rimanga irrisolto, sospeso tra la riduzione razionalistica degli eventi narrati e il predominio dell’istanza magica sovversiva, sarà lecito parlare di un’opera propriamente fantastica.
Una spiegazione insufficiente. Entra in gioco Freud!
I limiti intrinseci di tale definizione sono rilevati da Francesco Orlando nel saggio Statuti del soprannaturale nella narrativa (2001), ampliato e approfondito nell’opera postuma Il soprannaturale letterario (2017), a partire dalla basilare opzione metodologica secondo cui «dopo Freud non abbia più senso parlare d’un irrazionale contrapposto a una razionalità, ma piuttosto di razionalità diverse», molteplici.
Sebbene il concetto stesso di «soprannaturale» presupponga l’idea contraria di un ordine naturale preesistente, del quale esso rappresenta la negazione, Orlando, rifacendosi a Freud, sottolinea come l’«inconscio» non possa essere definito semplicemente nei termini di un insieme di «contenuti rimossi», ma piuttosto come «una struttura di ordine logico, o meglio anti-logico: la formazione di compromesso» che presuppone la compresenza simultanea delle «istanze opposte del reale e dell’irreale».
Sulla base dell’identificazione parziale proposta da Freud tra filogenesi, l’evoluzione storica dell’umanità, e ontogenesi, lo sviluppo dell’uomo dall’infanzia all’età adulta, la progressiva «costrizione della realtà» sul principio di piacere e «l’obbligo […] a distinguere il vero dal falso» non sembrano dunque costituire un approdo stabile e definitivo all’interno della coscienza storica né di quella individuale.
In quest’ottica, la letteratura in senso lato e, in particolare, quella fantastica si configurano come luoghi deputati al manifestarsi dell’anti-logica dell’inconscio, in grado di aprire «uno spazio immaginario fondato sulla sospensione o neutralizzazione della differenza tra vero e falso, uno spazio in cui vige il diritto di rispondere al piacere dell’immaginario.
Perfino nelle opere in cui, per altezza cronologica o volontaria scelta dell’autore, il credito accordato al soprannaturale risulta estremo (come in Dante o in Borges), esso non è tuttavia incondizionato e non si pone come assoluto.
Viceversa, anche negli esiti più disincantati della letteratura post illuministica non è lecito parlare di un’istanza critica pura, nella misura in cui il pensiero in senso lato «infantile» e illogico non cessa di esercitare un certo grado di attrazione sulla logica adulta di ogni epoca, andando a minare la «concezione razionale della realtà» e instillando di conseguenza «il sospetto che la ragione non basti a spiegare tutti i fenomeni».
Si apre un nuovo scenario, all’interno del quale la definizione del “fantastico” di Todorov va a coincidere con uno solo tra i possibili statuti del soprannaturale proposti da Orlando, non a caso quello centrale, in cui “credito” e “critica” si trovano in maggiore equilibrio.
Non mi è mai parso un caso che la riuscita di Todorov, a considerarla iniziatrice,
vertesse su uno statuto del soprannaturale per così dire centrale o simmetrico. Su
quello statuto che, mettendolo sotto il segno del dubbio, lo lascia in equilibrio instabile
tra riconoscimento e rigetto della sua consistenza ontologica.
Francesco Orlando, Statuti del soprannaturale nella narrativa, cit., p. 203.
Gli statuti del soprannaturale di Francesco Orlando
La classificazione degli statuti del soprannaturale di Orlando prende le mosse dal presupposto che «la tematica del soprannaturale in letteratura vada studiata come una serie di formazioni di compromesso» che, da un estremo costituito da massimo credito, il soprannaturale di tradizione, fino al suo vertice opposto, il soprannaturale di derisione, dominato dalla critica, renda conto anche dei «casi intermedi», così da poterli disporre «in modo graduale o scalare».
Il soprannaturale di tradizione
Un primo statuto è quello caratterizzato dal pieno credito accordato al soprannaturale, come avviene, ad esempio, nei poemi epico-religiosi della classicità, o nel mondo del fiabesco e del meraviglioso, dove unanime è la fiducia nei confronti degli eventi narrati. Questi avvengono in una dimensione “altra” rispetto al reale, dominata da sue proprie leggi:
Chiamerei soprannaturale letterario di tradizione il più forte: accreditato al massimo, convalidato da durevoli reificazioni dell’immaginario collettivo, limitato unicamente dalle proprie
regole.
Orlando sottolinea come sia, infatti, indispensabile definire in modo esplicito o implicito i «limiti
del credibile», in grado di circoscrivere l’infinitezza della fantasia entro spazi deputati a dare un ordine, o un anti-ordine, al caos dell’immaginario.
Per esistere, il soprannaturale ha bisogno di regole, chiare e definite, in rapporto al quale esso viene delimitato e, in ultima istanza, definito.
Un esempio di soprannaturale di tradizione è quello presente nella Commedia di Dante.
Il soprannaturale di derisione
All’estremo opposto, quello caratterizzato da critica massima, Orlando colloca il cosiddetto soprannaturale di derisione, «reso storicamente possibile dal superamento d’una razionalità inferiore», la quale diviene oggetto di disincantata ironia da parte della nuova mentalità protesa verso la critica, che subentra alla precedente, più arcaica e superstiziosa.
Possiamo trovare un esempio di soprannaturale di derisione nel Don Chisciotte di Cervantes.
Il soprannaturale d’indulgenza
Lo statuto più prossimo a quello di derisione è il soprannaturale di indulgenza, il quale se ne distanzia per la propensione al «sorriso in luogo del riso», nella misura in cui le originarie credenze, ormai superate e depotenziate, non cessano di esercitare un certo fascino proprio in virtù della loro aura immaginifica, tanto da rivelare chiaramente «un compiacimento nella credulità superata, nella regressione irrazionale».
Un esempio di soprannaturale d’indulgenza è l’Orlando Furioso di Ariosto, dove, dietro al sorriso verso la tradizione ormai scaduta dei cliché cavallereschi, leggiamo la struggente nostalgia dell’autore verso questo mondo perduto.
Il soprannaturale di ignoranza
Seppure attraverso un percorso non sempre lineare, i diversi statuti possono essere inquadrati entro determinati lassi cronologici ed epoche definite, all’interno delle quali prevarrà di volta in volta l’uno o l’altro tipo di soprannaturale, in connessione con il panorama storico, sociale e ideologico del periodo.
In questa prospettiva, è con la razionalizzazione laica operata dall’illuminismo che inizia ad affermarsi un nuovo statuto, il soprannaturale di ignoranza, il più vicino al «fantastico» teorizzato da Todorov, all’interno del quale la riduzione di eventi inspiegabili e ignoti alle leggi di natura non riesce tuttavia a esaurire l’apprensione che da essi scaturisce.
Il permanere dell’incertezza, al di là dell’esito della storia, è messo in atto attraverso espedienti narrativi che mirano a mantenere il lettore in una posizione di difetto rispetto agli eventi raccontati, filtrati tramite una focalizzazione interna parziale o in sé depotenziata, poiché troppo ingenua o
intenzionalmente alterata da cause interne o esterne (es. il punto di vista di un bambino).
Tra le opere dove troviamo il soprannaturale di derisione:
- Giro di vite – Henry James
- I misteri di Udolpho – Ann Radcliffe
Gli statuti postilluministici: soprannaturale di trasposizione e d’imposizione
Tra fine Settecento e inizio Ottocento sorgono due nuovi «statuti postilluministici del soprannaturale», in cui a rinnovarsi non sono gli elementi fantastici in sé, attinti ancora una volta dal patrimonio immaginifico della tradizione, bensì i significati che essi veicolano e le dinamiche attraverso cui si rapportano col piano del reale.
Adesso «non si dubita tanto, o non più, se il soprannaturale sia o non sia; piuttosto si ignora che cosa sia, perché sia e che cosa significhi».
Se entrambi gli statuti si caratterizzano per la totale assenza di dubbio intorno alla natura oltre-umana del loro manifestarsi, il primo, quello di trasposizione, dà voce a concreti referenti tematici, dal contenuto a volte profetico, in cui il soprannaturale è chiamato a colmare l’insufficienza della
semplice spiegazione razionale.
È ciò che avviene ne “Il maestro e Margherita” di Bulgakov (tra l’altro, uno dei miei libri preferiti), dove il diavolo che arriva a Mosca opera una pungente satira nei confronti della Russia sovietica e, più in generale, di un mondo moderno dominato da etichette altisonanti e vuote convenzioni.
Tutt’altro che velati o nascosti, nel soprannaturale di trasposizione gli elementi di rottura dell’ordinario sono evidenziati e lasciati liberi di esprimersi in tutta la propria autenticità, così da attuare una ri-definizione di sé, conferendosi attributi attuali ben lontani da quelli tradizionali: «le antiche motivazioni, indebolite o perdute» sono «sostituite da rimotivazioni efficaci», che possono riguardare realtà storiche e sociali, ma anche entità psichiche.
Il caso del Diavolo di Bulgakov, appunto.
Il soprannaturale d’imposizione
Eccoci giunti al più interessante.
L’ultimo statuto teorizzato da Orlando, che si potrebbe definire in un certo senso pienamente novecentesco, è quello di imposizione, che si contraddistingue per la totale assenza di dubbio di fronte al fatto straordinario, il quale non provoca nei protagonisti alcuno sconcerto o esitazione riguardo alla sua esistenza ontologica.
È in questa categoria, che condivide col soprannaturale di ignoranza la collocazione in ambienti e situazioni narrative quotidiane, che si inscrivono La biblioteca di Babele di Borges e La Metamorfosi di Kafka.
In tali opere non si tematizza alcuna incertezza, non c’è spazio per nessun tipo di perplessità verso la lacerazione fantastica. Al contrario del soprannaturale di trasposizione, tuttavia, dietro l’elemento soprannaturale non si possono individuare ormai referenti univoci, storici o psichici, che esauriscano appieno il suo significato.
Rispetto al soprannaturale di trasposizione, il nuovo non è più soltanto assoluto e aggressivo […] Non si individuano più referenti unitari, determinati, tanto meno storici, né ci sono più, del resto, entità che definiscano se stesse. Attenzione, però. Non che, in assenza di precisi referenti, si trascorra nel non senso o in un senso qualunque. C’è qualcosa fra le estremità.
Francesco Orlando, Statuti del soprannaturale nella narrativa, cit., p. 216.
Perfino là dove «il soprannaturale è gettato davanti al lettore, subito e tutto, con totale violenza e nella sua integralità», la narrazione non sfocia mai nell’assurdo del nonsense, ma è disseminata di significati e costantemente delimitata da regole, i limiti imprescindibili per l’esistenza stessa del fantastico.
Nell’interpretare la letteratura come sede di un «ritorno del represso» socialmente istituzionalizzato, Orlando intende conferirle anche questa sfaccettatura, identificandola come luogo privilegiato per il ripresentarsi di istanze psichiche e storiche formalmente
superate, ma ancora vivide a livello sociale e individuale: si può dunque parlare a ragion veduta di una «formazione di compromesso puramente letteraria».
Conclusioni
La letteratura come “rovescio” del reale
La letteratura possiede «il valore di un negativo fotografico della positività delle culture da cui emana» e si configura come ricettacolo di tutto il «ciarpame rigettato» dalla dominante prospettiva razionalistica, nella quale permane sempre insopprimibile la fascinazione per ciò che trasgredisce i due principali imperativi che la dominano, quello funzionale e quello razionale.
Il fantastico risponde a questa esigenza di trarre piacere dall’immaginario, anche là
dove esso sia storicamente e culturalmente rigettato a favore dei lumi della
ragione.
Viene esplicitato da Orlando:
[…] quel postulato generale che fa della letteratura, pur non ignorando il suo versante
ufficiale o conformista, la sede immaginaria di un ritorno del represso. In altre parole,
la presume apertamente o segretamente concessiva, indulgente, parziale, solidale o
complice verso tutto quanto incontra distanza, diffidenza, ripugnanza, rifiuto o
condanna fuori dalle sue finzioni.
Francesco Orlando, Gli oggetti desueti nelle immagini della letteratura. Rovine, reliquie, rarità, robaccia, luoghi inabitati e tesori nascosti, Einaudi, Torino 2015
Una prospettiva che amplia la trattazione del soprannaturale in letteratura e si apre a moltissimi nuovi spunti e prospettive.
Non da ultimo, pone le basi per una problematizzazione dei concetti di “letteratura per l’infanzia”, distinta e definita in opposizione a una “letteratura per adulti”.
Ma di questo parleremo in modo più approfondito un’altra volta.
Alessia Pellegrini
BIBLIOGRAFIA:
- Caillois, Roger, Au coer du fantastique (1965), [trad. it. Nel cuore del fantastico, Abscondita, Milano 2004]
- Caillois, Roger, De la féerie à la science-fiction (1966), [trad. it. Dalla fiaba alla fantascienza, Edizioni Theoria, Roma-Napoli 1991]
- Ceserani, Remo, Il fantastico, il Mulino, Bologna 1996
- Ceserani, Remo; Lugnani, Lucio; Goggi, Gianluigi; Benedetti, Carla; Scarano, Emanuella, La narrazione fantastica, NistriLischi, Pisa 1983
- Orlando, Francesco, Gli oggetti desueti nelle immagini della letteratura. Rovine, reliquie, rarità, robaccia, luoghi inabitati e tesori nascosti, Einaudi, Torino 2015
- Orlando, Francesco, Il soprannaturale letterario. Storia, logica, forme, (a cura di) Brugnolo, Stefano; Pellegrini, Luciano; Sturli, Valentina, Einaudi, Torino 2017
- Orlando, Francesco, Per una teoria freudiana della letteratura, Einaudi, Torino 1973
- Orlando, Francesco, Statuti del soprannaturale nella narrativa, in Il romanzo, Moretti, Franco (a cura di), Vol. I, Einaudi, Torino 2001, pp.195-226
- Todorov, Tzetan, Introduction à la litterature fantastique (1970), [trad. it. La letteratura fantastica, Garzanti, Milano 2000]